Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria. Prima di lasciarti alla lettura di un dialogo denso di significato tra il Fumo di Mauthausen e un’Onda del Mediterraneo, scritto in occasione di un concorso per la Giornata della Memoria del 2020 e poi mai realizzato a causa della pandemia, ci sembra bene ripercorrere le origini di questa celebrazione.
Beh, se non ti piace molto leggere o la conosci salta questa parte, ma non perdere l’occasione di leggere il dialogo scritto dalla giovane universitaria Eva Di Rosa. La Giornata della Memoria serve perché queste tragedie non si ripetano più e il messaggio di Eva è molto forte ed è un messaggio di speranza: la speranza è un piccolo sussurro che non muore finché si continua a credere nell’intima bontà dell’uomo.
Nel 2005 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 27 gennaio “Giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto“. Tutti gli Stati membri dell’ONU sono invitati a promuovere programmi educativi che tramandino la memoria dell’Olocausto alle nuove generazioni al fine di prevenire in futuro atti di genocidio.
L’Italia aveva già preceduto l’ONU con la legge del 20 luglio 2011, di cui ci sembra significativo riportare i due articoli.
Art. 1
La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonche' coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Art. 2 1. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto e' accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinche' simili eventi non possano mai piu' accadere.
di Eva Di Rosa
FUMO: Lavori?
ONDA: Lavoro.
FUMO: Anche tu?
ONDA: Anch’io.
FUMO: Da quando?
ONDA: Da sempre.
FUMO: Sempre? Come puoi dire sempre, noi siamo fuori dal tempo.
ONDA: Dunque per noi ogni istante è sempre…memoria…
FUMO: Memoria…già… memoria… “Arbeit macht frei”, shoah, Auschwitz, Buchenwald, Birkenau, tutte parole che parlano di memoria, ma io sono qui, il tempo non mi ha cancellato.
ONDA: Lampedusa, migranti, frontiere, scafisti, porti, naufragi, ma io sono qui, il tempo non mi ha cancellato.
FUMO. Aria. Non sono forse aria? Aria un po’ più nera.
ONDA: Acqua. Non sono solo acqua? Acqua un po’più piena. Se penso che Talete e Anassimandro avevano individuato l’arkè della vita, la radice di tutto nell’aria e nell’acqua e invece adesso siamo Morte.
FUMO: Io stesso mi sento responsabile, perché dentro quel forno si compattano voci strazianti. Il dolore non ha suono. Odore di uomo bruciato questo impregna la neve. Siamo tutti responsabili involontari.
ONDA: A volte rinnegherei la mia stessa essenza, ma io cosa posso fare? Il mio compito è quello di muovere l’acqua di questo mare nostrum . Ho forse colpa se disperati su barconi finiscono sotto di me? Eppure a volte, guardo i loro occhi farsi di vetro nei fondali. Volti e nomi ignoti e sommersi, come i tuoi: troppi.
FUMO: Nomi e volti. Come fa a non pensare a quanti sono dentro di te ora, confusi nel tuo essere, senza più un volto, senza più un nome.
ONDA: Mi ricordo di un bambino che una mia sorella ha portato a riva … maglietta rossa…Aylan
FUMO: Anche io mi ricordo di un bambino. Di lui resta nell’eco del tempo del suo paio di scarpette rosse numero ventiquattro a Buchenwald anche il fumo di quel forno è mio fratello.
ONDA: Fratello, Sorella. Che significano oggi, se l’uomo pensa che una vita: sangue, pelle, carne, ossa, sogni, non hanno ovunque lo stesso valore. Eppure se occorrono trapianti se ne ricordano che non c’è differenza, che il mio sangue può salvare un’altra vita ovunque nel mondo.
FUMO: Ho paura.
ONDA: Di cosa?
FUMO: Ho paura che la storia si ripeta, che ricordare una volta l’anno non basti in un mondo che perde la sua umanità, smarrisce il senso di tutto. Ho un brutto presentimento che anche le sole parole muri, barriere, confini, chiudano anche la strada all’umano. “Prima questi e poi dopo gli altri”, sembra quel riecheggiare quel “prima gli ariani” . Come se fra gli uomini ci fosse un prima o un dopo.
ONDA: Eppure ti rispondo con le parole di chi dentro un altro tuo fratello ha spento la sua voce di ossigeno, la sua giovinezza terrena, in quel diario dove le parole rimangono abbracciate al tempo, come la pagella che sotto una mia sorella è riuscita ad approdare, almeno lei, sulla riva, tra le mani di chi ha visto, ormai spento, quel fragile sogno di un nuovo futuro, piccoli sussurri in questo assurdo che dicono che le speranze non muoiono, no, non muoiono, continuano a credere “nell’intima bontà dell’uomo”.