Nella società dei selfie un regalo di Natale sempre gradito è di certo lo smartphone di ultima generazione: tra tutti gli strumenti digitali esso è diventato un bene di prima necessità ed è parte integrante del modo di pensare, di comunicare e di scegliere della persona. Ogni aspetto del quotidiano, infatti, è condizionato da questo “telefonino intelligente” in grado di fare foto, scaricare video, navigare su internet, mandare email e stare in contatto perenne con gli altri. Sono soprattutto gli adolescenti i grandi fruitori dello smartphone, al punto che si parla di Generazione iGEN – ovvero IPhone Generation– per indicare i ragazzi dai 13 ai 19 anni cresciuti con lo smartphone in mano che vivono la loro vita sociale al telefono. In particolare, dalle ricerche sociologiche emerge che i preadolescenti usano lo smartphone per giocare, scaricare video, ascoltare musica, mentre adolescenti e giovani lo utilizzano per chattare, postare contenuti autoprodotti o condivisi dal Web. Anche gli adulti se ne servono per tenersi informati, comunicare e fronteggiare numerose situazioni della vita quotidiana e professionale. Nelle famiglie con adolescenti la comunicazione in chat, mediante il cellulare, rappresenta un regolatore emotivo per gestire i conflitti e per scambiarsi apprezzamenti, poiché dire “Tvb” o “scusa” per messaggi è meno imbarazzante che dirlo di persona. Sempre più spesso, infatti, genitori e figli si parlano attraverso la chat e attorno all’uso del cellulare si incentrano le lotte di potere per l’autonomia e contrattare tempi e spazi in cui è conveniente o meno utilizzarlo. Sia ragazzi che genitori lo considerano uno strumento essenziale per comunicare, per facilitare l’organizzazione della vita familiare ed essere raggiungibili in caso di bisogno.
Dal punto di vista delle funzioni psicologiche è accertato che il Web influenza i giovani a costruire la propria identità, la visione del mondo e il loro esserci nel mondo: postare un testo, una foto o un video non è solo un modo di affermare la propria presenza nella piattaforma digitale, ma soddisfa la ricerca di “apparire per essere”, il bisogno di piacere agli altri per ricevere conferma del proprio valore e di sentirsi parte di una grande comunità mediatica. Secondo lo psicoterapeuta Luciano Di Gregorio, le nuove tecnologie – e lo smartphone in particolare – se da un lato offrono grandi possibilità di scambio, semplificano la vita e migliorano la comunicazione a distanza, dall’altro rendono giovani e adulti meno capaci di attenzione e di empatia verso chi sta loro di fronte e favoriscono il dilagare del narcisismo digitale, caratterizzato dal culto di se stessi e dall’autocelebrazione della propria immagine attraverso la pratica del proprio autoritratto fotografico, ovvero il selfie. Lo smartphone è lo strumento per eccellenza che incrementa questa nuova forma di narcisismo – misto ad esibizionismo e a voyerismo- caratterizzato sia dal bisogno di autoaffermazione e di valorizzazione di sé nella Rete sia dalla curiosità di guardare la vita degli altri con un conseguente aumento di vissuti depressivi, vulnerabilità e incapacità di codificare e modulare le emozioni nella relazione interpersonale, frequentemente sostituita dall’incontro mediato dallo schermo di uno smartphone o di un tablet. Anche nel mondo ecclesiale l’utilizzo dello smartphone è frequente – non solo tra i giovani consacrati – e l’uso diffuso dei social network nella Chiesa sta trasformando le interazioni e l’azione pastorale anche tra religiosi, sacerdoti e laici. Sovente, i giovani della “Selfie Generation” comunicano facilmente e in profondità in chat con un sacerdote o una religiosa per condividere eventi o questioni della propria vita personale, chiarire questioni di fede o dubbi vocazionali, chiedendogli, in modo implicito, di essere una presenza educativa ed evangelizzatrice anche nelle piattaforme digitali dove, come sottolinea spesso Papa Francesco, è possibile annunciare il “Vangelo della Vocazione”. È importante tener presente che nell’accompagnamento educativo e nelle relazioni interpersonali, la comunicazione online è complementare, non sostitutiva all’incontro faccia a faccia e, dove questo non è possibile, è bene ricordare che parlarsi con una telefonata è sempre umanamente più arricchente che farlo attraverso una chat.
Suor Luisa Nicolosi, FMA